“Futurismo. La nascita dell’avanguardia 1910-1915”
Palazzo Zabarella, Padova
Allestita a Palazzo Zabarella di Padova, la mostra è dedicata alla nascita di uno dei più importanti movimenti del primo Novecento: il Futurismo. Curata da Fabio Benzi, Francesco Leone e Fernando Mazzocca, l’esposizione presenta un punto di vista particolare sulle origini del Futurismo. Vengono indagate prima le premesse storico-culturali e poi approfondite le molte tematiche che caratterizzarono le ricerche dei futuristi. Sperimentazioni audaci e originali rappresentate qui dalle molte opere esposte, oltre un centinaio, comprese in un arco di tempo che va dal 1910 al 1915, lavori eccezionali provenienti da diversi Musei, Gallerie e Raccolte Internazionali.
“Arte del futuro”
Il Futurismo è “arte del futuro”, soprattutto è ribellione contro qualsiasi tradizione, contro qualsiasi limite o canone stabilito, è ricerca continua di innovazione della tecnica e dei mezzi espressivi. Agli arbori del Novecento il mondo, la società, le persone, le tecnologie erano mutate e l’arte doveva adeguarsi, esprimendosi attraverso altri strumenti e sperimentando nuovi linguaggi. I principali protagonisti di questa fase iniziale del Futurismo furono: Umberto Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo, Antonio Sant’Elia, Giacomo Balla e Gino Severini. Questi artisti irruppero sulla scena dell’arte europea generando un vero e proprio sconvolgimento, affiancando e stimolando le proposte di molte avanguardie artistiche di quel periodo. Il Futurismo fu però il primo e l’unico fra le avanguardie che prese come riferimento una visione dell’arte proiettata nel futuro.
Percorso mostra
Il percorso della mostra si articola nelle diverse sale partendo dalle radici del Futurismo, “Simbolismo”, per passare poi allo “Spiritualismo” e ad alcuni elementi essenziali di questo movimento come il “Dinamismo” e la “Simultaneità”. Questi aspetti introducono alla nuova realtà in cui vivevano questi artisti, realtà che volevano rappresentare nelle loro opere. La “Vita Moderna” è un mondo completamente trasformato dalle molte innovazioni tecniche e scientifiche. La sala dedicata alla scultura, “Tridimensionalità e Polimaterismo”, è una tra le più suggestive, come anche le ultime sale dedicate alle “Parole libere” e al “Manifesto della Ricostruzione futurista dell’universo”. Vi accompagnerò attraverso le sale soffermandomi su alcune opere, quelle che più mi hanno affascinato e in particolare su alcuni aspetti molto interessanti di questa fase iniziale del Futurismo.

“Simbolismo”
Le opere esposte raccontano come nacque il Futurismo, i fondamenti da cui si sviluppò e gli elementi innovativi che elaborò nella sua fase iniziale. L’idea “futurista” si generò richiamandosi ai movimenti secessionisti europei, ma qual era il contesto da cui provenivano i futuristi e quale il bagaglio culturale che avevano ereditato? Alcune opere esposte raccontano proprio i forti legami dei futuristi con Simbolismo e con Divisionismo. Il dipinto di Luigi Russolo, Autoritratto con teschi del 1908, ne è un evidente esempio, un vero e proprio capolavoro del Simbolismo.

“Divisionismo”
Fu però soprattutto il Divisionismo a caratterizzare i primi lavori dei Futuristi e alcune opere in mostra evidenziano l’importanza degli artisti campioni nella tecnica divisionista. Uno dei più virtuosi fu sicuramente il pittore e intellettuale Giuseppe Pellizza da Volpedo. Il dipinto esposto, Il roveto (o Tramonto), del 1902, rappresenta sicuramente una delle più stupefacenti prove di tecnica divisionista. Il pittore riuscì a cogliere le più piccole vibrazioni luminose e il riverbero della luce tra gli alberi al tramonto. Dello stesso periodo è anche il suo capolavoro assoluto: Il Quarto Stato. Ma tra i tanti campioni di questa tecnica il vincitore è sicuramente il grande artista Gaetano Previati.

“Spiritualismo”
Tecnica divisionista
La tecnica pittorica divisionista, attraverso la scomposizione del colore, permetteva di dipingere ogni vibrazione della luce, facendo brillare i colori e le forme. L’opera presente in mostra di Gaetano Previati, Paolo e Francesca del 1909, ne è un esempio molto evidente. I piccoli filamenti cromatici accostati l’uno all’altro creano un movimento di linee ondulate e vibranti che conferiscono all’insieme un’atmosfera particolare. In questo dipinto straordinario le forme sembrano scomparire, diventando fluide e mescolandosi con l’ambiente. Boccioni ammirava moltissimo Previati e lo considerava uno dei più grandi innovatori della pittura italiana, capace di creare atmosfere e visioni quasi spirituali, di far provare forti emozioni intime.

Boccioni e la tecnica pittorica
Il dipinto di Boccioni che troviamo esposto, Testa femminile, del 1911, mostra come lui stesso sperimentò l’effetto di questa tecnica pittorica, valorizzando il vorticoso movimento delle linee e l’avvicinamento di colori forti e accesi. L’opera pittorica di Boccioni che più esprime la suggestione emotiva attraverso questa tecnica è sicuramente il famoso trittico “Stati d’animo”, del 1911. Realizzata in duplice versione, l’opera è composta da tre dipinti che rappresentano tre situazioni diverse: Gli Addii, Quelli che vanno e Quelli che restano. In mostra è presente uno studio di Quelli che vanno. Boccioni riuscì in quest’opera ad esprimere profonde emozioni interiori, come l’angoscia o la disperazione, attraverso il semplice movimento delle linee direzionali e l’attento accostamento dei colori.

“Tridimensionalità e Polimaterismo”
Umberto Boccioni e la scultura
Come per la pittura anche per la scultura Boccioni auspicava una completa trasformazione sia dei soggetti che della tecnica e dei materiali. Il suo punto di riferimento principale fu lo scultore Medardo Rosso, l’unico che considerava veramente un innovatore dell’arte plastica. Boccioni ne ammirava soprattutto la capacità di cogliere l’atmosfera d’insieme, attraverso una tecnica “impressionistica” che riusciva a captare l’emozione del momento. Nelle due opere di Medardo Rosso esposte in mostra, Bookmaker e Femme à la voilette, del 1895, si possono scorgere gli elementi essenziali della sua ricerca: la ripresa istantanea dell’attimo e la riproduzione dell’insieme di soggetto e ambiente.

Scultura futurista
Da questo modello di riferimento Boccioni voleva partire con la sua ricerca per arrivare ad un stile nuovo, lo “stile dinamico”, come scriveva nel Manifesto tecnico della scultura Futurista, del 1912. L’artista nutriva una vera passione per l’arte plastica e la sua ricerca, prima teorizzata nel manifesto, poi applicata nella pratica, gli permise di sviluppare quegli elementi ideali per raggiungere la “compenetrazione dinamica” dell’oggetto nello spazio. Per le sue sculture utilizzò diversi materiali come legno, cartone, stoffa, vetro, specchi, cemento e gesso. Purtroppo molte di queste furono distrutte. Delle 5 rimaste due sono polimateriche: “Fusione di testa e finestra”, del 1912 e “Dinamismo di un cavallo in corsa+Case”, del 1915. Quest’ultima, conservata alla Peggy Guggenheim Collection di Venezia, rappresenta pienamente quello che Boccioni stava teorizzando ed è composta da diversi materiali dipinti, legno, cartone, ferro e rame. Il cavallo in corsa che passa veloce davanti alle case subisce una trasformazione, una sintesi, dove soggetto e ambiente si fondono dando vita ad una nuova forma.

“La forza interna degli oggetti”
Le altre tre sculture sono: “Antigrazioso” del 1912, “Sviluppo di una bottiglia nello spazio” del 1912-13 e “Forme uniche della continuità nello spazio” del 1913, le cui prime versioni sono tutte in gesso. Per Boccioni la scultura doveva animare gli oggetti e lo possiamo vedere dall’opera presente in mostra, “Sviluppo di una bottiglia nello spazio”. Un’opera che sembra formarsi da se stessa, dove una forza interna all’oggetto si mette in moto e crea la forma, la bottiglia. La ricerca nell’ambito dell’arte plastica di Boccioni anche se breve, dal 1912 al 1915, fu molto innovativa non tanto per i soggetti ma per l’idea che la caratterizzò: “la compenetrazione dinamica dell’oggetto nello spazio”.

Forme uniche della continuità nello spazio
Il capolavoro scultoreo di Boccioni è “Forme uniche della continuità nello spazio”, la cui prima versione in gesso è del 1913. Nella bellissima sala dedicata alla tridimensionalità, possiamo ammirare questa scultura famosissima nella versione bronzea, opera sempre molto suggestiva. Non si tratta di una semplice figura ma di una forma complessa e vitale, fatta di pieni e di vuoti, di spigoli e di curve, di superfici lisce e lucide che vibrano continuamente. Una vera “creazione”, come amava chiamarla l’artista, nuova e mai vista prima, che superava definitivamente i canoni tradizionali della scultura. “Spalanchiamo la figura e chiudiamo in essa l’ambiente”, così proclamava Boccioni nel manifesto. Quest’opera colpisce sempre molto. Da qualsiasi lato la si guardi sembra in procinto di avanzare, modellando la sua struttura. La figura possente trascina con sé tutto ciò che la pervade e la compenetra, diventando la rappresentazione avveniristica di un “idolo moderno” proteso in uno slancio nel futuro.

“Dinamismo e simultaneità”
Anche il cubismo veniva apprezzato dai futuristi per la sua scomposizione prospettica dei piani, ma non condividevano la sua staticità compositiva. Il dipinto di Luigi Russolo, Sintesi plastica dei movimenti di una donna, del 1912-13, riprende la scomposizione cubista ma inserisce la rappresentazione del movimento come fulcro prospettico del quadro. I futuristi volevano superare l’immobilismo per accogliere un futuro che proponesse elementi nuovi e vitali, come la velocità, il movimento, la simultaneità. Il dipinto di Balla, Il ponte della velocità, accoglie questo futuro dando vita ad una visione che sembra un’onda in movimento, colorata e luminosa.

“La vita Moderna”
“Il mondo nuovo futurista” era complesso e tumultuoso e le scoperte scientifiche avevano trasformato la realtà. La teoria della relatività, la psicoanalisi e le molte invenzioni tecnologiche avevano rivelato un mondo pieno di potenzialità, “un meccanismo in perenne movimento”. Un sistema interconnesso, dove le strade, i palazzi, le stazioni, i ponti e le fabbriche erano continuamente percorsi da automobili, ascensori, treni, piroscafi e aeroplani, un insieme rumoroso e fagocitato, elettrizzato dalla luce artificiale. I Futuristi volevano rappresentare tutto questo, mettendo “in moto l’arte”, per farlo dovevano spingersi oltre e creare ciò che non esisteva.

“Parole libere”
Il fondatore del Futurismo fu il poeta e letterato Filippo Tommaso Marinetti che con il primo Manifesto Futurista del 1909 diede il via ad una rivoluzione del linguaggio a dir poco dissacrante. Il Manifesto fu pubblicato in francese su “Le Figarò” ed ebbe un impatto molto forte provocando scandalo per la virulenza dei proclami inseriti in 11 punti programmatici. Marinetti proponeva una vera e propria rifondazione per la scrittura che doveva assumere forme “pittoriche e simboliche”. Questo nuovo linguaggio doveva rappresentare non solo parole ma anche profumi, suoni, rumori, per far vivere delle sensazioni emotive che riuscissero a coinvolgere tutti i sensi. Le parole in libertà, adottate da Marinetti, erano una tecnica poetica costituita da versi senza punteggiatura, senza grammatica e senza sintassi. In mostra è presente, Zang Tumb Tumb, poema parolibero, esemplificativo della poetica di Marinetti.
Il Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo
Dal primo in assoluto, il Manifesto Futurista del 1909 di Marinetti, i manifesti si susseguirono per molti anni comprendendo tutte le arti: letteratura, pittura, scultura, architettura e musica, ma anche scienza e filosofia. Il 1910 segnò l’anno di nascita del movimento artistico con il Manifesto della pittura Futurista. Il 1915 fu l’anno del Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo, ma anche l’anno dell’inizio della Guerra che segnò la conclusione di questa prima fase del Futurismo.
“Arte totale”
Tutte le istanze contenute nel Manifesto della Ricostruzione Futurista dell’Universo dovevano essere applicate ad ogni ambito dell’esistenza comprendendo grafica, design, moda, architettura e arredamento d’interni, ma anche il modo di vestire. Il “vestito antineutrale” disegnato e teorizzato nel manifesto doveva essere: “aggressivo, dinamico, semplice, illuminante, gioioso, asimmetrico e variabile”, il grigio e il nero come colori erano assolutamente aboliti. Il concetto di “Arte totale” per i futuristi doveva permeare tutto, l’universo intero. Era un’idea rivoluzionaria che però si sarebbe scontrata presto con la dura realtà della guerra. Molti di questi artisti si arruolarono, credendo nella guerra come mezzo per scardinare definitivamente il passato. Partirono convinti ed esaltati dall’idea eroica del progresso, pagando con la vita le loro convinzioni.
La mostra sulle origini del Futurismo a Padova
La mostra è molto interessante e ricca di spunti riflessivi sulle origini di uno dei movimenti d’avanguardia tra i più rivoluzionari del primo Novecento. Focalizzata proprio sulla nascita del Futurismo, dal punto di vista artistico ne mette in luce gli aspetti più originali e le potenzialità insite in questi elementi. Lo spirito vitale e provocatorio che animò tutti gli artisti in questa fase iniziale contribuì sicuramente a scardinare convenzioni del passato e canoni tradizionali, aprendo la strada e il pensiero a nuove sperimentazioni e a molte successive ricerche nei più disparati campi dell’arte.
Informazioni
La Mostra è aperta fino al 26 febbraio 2023, dal martedì alla domenica, dalle 9.30 alle 19.00, chiuso il lunedì. Per tutte le informazioni potete visitare la pagina ufficiale a questo link: