DDMM – Il miglio della cultura nel sestiere Dorsoduro a Venezia
Seconda parte: visita alla Guggenheim Collection e alle mostre di Punta della Dogana e Palazzo Grassi, sedi veneziane della Pinault Collection.
Dorsoduro Museum Miles
Dopo la visita alle Gallerie dell’Accademia, dove abbiamo ammirato i capolavori della pittura veneta e veneziana, proseguiamo il nostro percorso del miglio della cultura a Venezia. Con un balzo spazio-temporale ci spostiamo nella storia dell’arte moderna e contemporanea non solo italiana, ma anche internazionale.
L’itinerario del miglio della cultura a Venezia continua con la seconda parte del racconto: la visita alla Collezione Peggy Guggenheim e alle mostre presenti a Punta della Dogana e a Palazzo Grassi, le due sedi espositive veneziane della Pinault Collection. Siete pronti per la maratona lungo il miglio della cultura?
Visita alla Peggy Guggenheim Collection
La Guggenheim Collection è un vero e proprio tempio dell’arte moderna, la più importante collezione, in Italia, di opere delle avanguardie artistiche europee e di Arte americana del XX secolo. Tutto il merito va sicuramente ad una donna incredibile, grande amante dell’arte e grande collezionista, Peggy (Marguerite) Guggenheim.
Peggy Guggenheim
L’amore e la passione per l’arte guidò sempre l’incontenibile curiosità di questa mecenate, lanciandola in molti progetti e anche in imprese coraggiose a sostegno di artisti a volte non molto conosciuti. Fu a contatto con i più importanti personaggi del tempo, ne ascoltò le idee e soprattutto i consigli. Samuel Beckett fu suo grande amico e Marcel Duchamp il suo mentore. Peggy aprì la sua prima galleria a 39 anni, a Londra. Poco tempo dopo però abbandonò il progetto e tornò a Parigi. Furono anni turbolenti, in piena guerra mondiale, ma il suo unico scopo fu sempre quello di completare la sua collezione.
Lasciata la Francia nel 1941 arrivò a New York e qui realizzò il suo sogno, aprì la galleria-museo “Art of this Century”, esponendo la sua intera collezione di “arte cubista, astratta e surrealista”. A New York ci fu l’importante incontro con Jackson Pollock, artista che aprì la strada al più grande movimento d’avanguardia americano: “l’Espressionismo astratto”. Peggy organizzò molte mostre promuovendo i suoi stessi artisti, sostenendone di nuovi e coinvolgendoli costantemente nei suoi eventi e nei suoi progetti.
La casa-museo
Il suo grande amore per l’Italia la portò a trasferirsi a Venezia e qui si stabilì dal 1949, a Palazzo Venier dei Leoni, rimanendovi fino alla sua morte. Percorrendo le varie sale del palazzo ci si rende conto della particolarità di questo museo. Siamo nelle stanze di Peggy, entriamo nel suo “giardino delle sculture”, attraversiamo la sala da pranzo con gli arredi originali, il soggiorno, la cucina, la camera da letto con la testiera in argento, pensata appositamente per lei da Alexander Calder.
Ci sono anche i suoi famosi orecchini, creati da Alexander Calder e Yves Tanguy. Dalle fotografie esposte nelle sale, che la ritraggono durante gli incontri e gli eventi più importanti, possiamo immaginare una personalità estrosa e geniale che seppe coltivare i suoi interessi con tenacia, realizzando il suo grande progetto di vita. Come lei stessa disse “io non sono una collezionista, io sono un museo”.
L’interesse per le sculture
Entrati nel “giardino delle sculture” si incontrano, tra le altre, alcune opere di Alberto Giacometti, Jean Arp e Arnaldo Pomodoro, mentre la terrazza su Canal Grande ospita lavori di Duchamp-Villon e l’incredibile “Angelo della città” di Marino Marini. Nella prima sala ci sono le bellissime sculture di Constantin Brancusi e nella grande sala d’ingresso si libra nello spazio la famosa composizione di Alexander Calder, “Mobile”.
In una teca di vetro possiamo osservare la strana creazione di Umberto Boccioni, “Dinamismo di un cavallo in corsa+case”. Una forma composita di un cavallo al galoppo che aprendosi nello spazio sembra inglobare nella sua corsa tutto ciò che lo circonda. Sono molte le sculture, non tutte esposte, che attestano il grande interesse di Peggy per la scultura del ‘900.
“Migrating Objects”
Attualmente, presso il museo, si può visitare anche una mostra specifica dedicata all’arte africana, oceanica e alle culture indigene americane, dal titolo “Migrating Objects”. È un’esposizione molto interessante che mette in luce il particolare interesse di Peggy Guggenheim anche per l’arte di culture al di fuori dei confini europei e americani.
Di gran rilievo è la tematica affrontata, basata sul concetto di “migrazione”. Lo spostamento di oggetti e di persone tende ad avere effetti anche sull’arte e questo viene posto in evidenza da alcuni accostamenti inediti. Mi hanno colpito molto i raffronti proposti, in particolare quelli con l’opera di Alberto Giacometti, “Donna sgozzata” e con il dipinto “L’antipapa” di Max Ernst.
Il percorso tra le avanguardie europee e americane
Tutto il percorso come potete immaginare è molto emozionante e comprende esempi dei più importanti movimenti artistici del ‘900, raggruppati nelle diverse sale espositive. Si parte dalle prime avanguardie europee: il cubismo di Picasso e Braque, Marcel Duchamp, la pittura astratta di Delaunay fino all’astrattismo spirituale di Kandinsky con l’opera straordinaria “Croce bianca”.
Non mancano poi i futuristi, come Boccioni e Severini, la pittura metafisica di De Chirico ed il neoplasticismo, con Mondrian e van Doesburg. Tra le più belle sale ci sono quella dedicata al Surrealismo e quella riservata all’Espressionismo astratto. Nella prima possiamo ammirare opere di artisti straordinari come Magritte, Dalì, Mirò e Max Ernst.
Surrealismo – Max Ernst
Il movimento surrealista ebbe una grandissima importanza in Europa ed influenzò molto anche la nuova corrente espressionista in America. Uno dei maggior rappresentanti del surrealismo fu proprio Max Ernst, il secondo marito di Peggy. Soffermiamoci sul suo dipinto presente in questa sala, “Vestizione della sposa”.
Le tecniche del surrealismo
Possiamo notare in questa straordinaria opera la particolare tecnica pittorica utilizzata, la “decalcomania”, e la singolare composizione delle strane figure con cui l’artista mette in scena un rito animalesco, quasi iniziatico. Il dipinto è avvolto nel mistero e crea un’atmosfera inquietante. Proprio nell’ambito del surrealismo si affermarono dei nuovi linguaggi sperimentali incentrati sulla ricerca di tecniche pittoriche innovative, fondate soprattutto sulla gestualità artistica legata all’inconscio. André Breton nel “Manifesto del Surrealismo” del 1924, parlò di “automatismo psichico”. Alcune tecniche, come la decalcomania, il fumage ed il frottage producevano degli effetti casuali, quasi incontrollati e soprattutto imprevedibili, effetti molto apprezzati da questi artisti.
Jackson Pollock – Espressionismo astratto
Proprio questo aspetto casuale ed inconscio influenzò molto la ricerca di Jackson Pollock all’inizio della sua carriera artistica, come possiamo notare nel dipinto esposto, “La donna luna”. La peculiare sperimentazione di Pollock lo portò a sviluppare un linguaggio completamente nuovo, legato anche alla cultura ed ai rituali dei nativi indiani. Inventore della “Action Painting” e del “dripping”, tecnica del gocciolamento del colore, fu il “pioniere dell’Espressionismo astratto”, primo movimento d’avanguardia in America, sviluppatosi intorno agli anni ’40-‘50. Tra gli artisti più significativi di questa corrente, presenti anche nella collezione assieme a Pollock, troviamo: De Kooning e Rothko.
Alchimia – “dripping”
“Alchimia”, del 1947, fu probabilmente il primo dei lavori di Pollock ad essere realizzato con la tecnica del “dripping”. Se osserviamo il dipinto da vicino ci accorgiamo degli strati consistenti di colore presenti sulla tela. Non esiste nella composizione nessun riferimento a forme o linee, ma ci sono solamente gocce di colore sovrapposte, spruzzate dal tubetto o colate con un bastoncino. Lo spazio diventa un campo d’azione, dove l’artista agisce intorno o sopra la tela distesa per terra, muovendosi e dipingendo con tutto il suo essere quasi come in una danza tribale.
Questi sono solo alcuni dei più importanti capolavori del ‘900 conservati ed esposti alla Guggenheim Collection, lascio a voi scoprire le altre sale e le molte altre opere facenti parte di altre collezioni e di nuove acquisizioni.
Basilica di Santa Maria della Salute
Usciti dalla Guggenheim Collection ci dirigiamo verso Punta della Dogana costeggiando il museo. Dopo aver passato alcuni ponti, dei bellissimi campi ed un sottoportego eccoci di fronte alla spettacolare Basilica di Santa Maria della Salute, che si trova proprio su Canal Grande, a lato della sede espositiva. Costruita su progetto di Baldassarre Longhena, fu voluta dal Senato veneziano per celebrare la fine di una terribile pestilenza. La Basilica rappresenta uno dei più originali esempi di edificio religioso a Venezia, con pianta ottagonale e cappelle laterali. Merita sicuramente una visita, perché all’interno sono conservati dei veri capolavori di Tiziano e Tintoretto. Ora siamo pronti per entrare nelle sale espositive di Punta della Dogana e visitare la bellissima mostra di Bruce Nauman.
Punta della Dogana
Visita alla mostra: “Bruce Nauman: Contrapposto Studies”
“Il Contrapposto”
Voglio iniziare il racconto della visita con un’opera che è citata proprio nella brochure della mostra, che rappresenta i “Santi Vescovi” ed è stata realizzata da Sebastiano del Piombo prima del 1511 a Venezia. Ricordate questo artista? Lo abbiamo incontrato alle Gallerie dell’Accademia, nelle sale del ‘500 veneziano assieme a Giovanni Bellini e Giorgione.
Ma, direte voi, cosa centra quest’opera con l’arte contemporanea e con il lavoro di Bruce Nauman? Centra moltissimo, perché questo esempio illustre ci introduce al significato di “Contrapposto” che è alla base della lunga ricerca e sperimentazione realizzata da Nauman, dagli anni ’60 ad oggi, proprio su questo concetto.
Il contrapposto è un elemento della scultura greca ripreso dall’arte rinascimentale che si riferisce alla rappresentazione di una particolare postura della figura eretta. Un espediente utilizzato dagli artisti per rappresentare la figura umana creando un “bilanciamento dinamico” attraverso la torsione del busto e lo spostamento del peso su una sola gamba d’appoggio.
“Bruce Nauman: Contrapposto Studies”
La mostra monografica è dedicata all’artista e alle molte fasi di indagine e di sperimentazioni che hanno caratterizzato la sua lunga attività. I curatori, Carlos Basualdo e Caroline Bourgeoise, si sono concentrati su alcune video-installazioni di recente produzione, rientranti nella “serie-Contrapposto”, messe in relazione e dialogo con opere del passato. Alcune di queste, realizzate da Nauman negli anni Sessanta, attraverso l’utilizzo delle odierne tecnologie, vengono quasi ricreate con risultati che non avrebbero mai potuto essere ottenuti in quegli anni.
Gli elementi centrali della mostra si basano su alcune caratteristiche essenziali della ricerca di Nauman nella serie “Contrapposto”. Possiamo scoprirle direttamente attraversando le sale, il cui allestimento è molto d’effetto e coinvolgente. Camminando nella semioscurità si ha quasi l’impressione di essere sospesi davanti alle grandi proiezioni.
“Contrapposto Studies, I through VII”
Il movimento del corpo e la performance
La prima caratteristica fondamentale riguarda l’importanza del corpo e della performance nel lavoro di Nauman. Nella prima grande sala troviamo il lavoro fulcro di tutta la mostra: “Contrapposto Studies, I through VII”, del 2015/16. Si tratta della rivisitazione di un video del 1968, “Walk with Contrapposto”.
Dopo cinquant’anni l’artista realizzò una nuova videoinstallazione di carattere monumentale suddivisa in sette frammenti che grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie diventò molto più complessa, creando degli effetti suggestivi tra figure e sfondo, tra movimento ed equilibrio. Il suo camminamento in “contrapposto” con le mani dietro alla testa sembra mettere alla prova il suo corpo ed il suo equilibrio, ma anche la nostra percezione che viene quasi ingannata dal continuo cambio di prospettive.
La performance come evento diventa per l’artista un modo di “fare esperienza del mondo” e camminare è una delle prime esperienze che facciamo. Nelle sale successive vengono presentati i diversi video di performance ma anche le stesse azioni interpretate da performer su dirette istruzioni di Nauman. Il corpo è il punto di partenza, diventa il materiale per creare, visto che nei primi periodi di attività non aveva altri mezzi a disposizione. Attraverso azioni ripetitive, tensioni, situazioni di pressione e isolamento i suoi lavori tendono a disorientare l’osservatore a far sentire l’angoscia, a provocare, ad opprimere.
Il suono, le parole, il linguaggio
Un’altra caratteristica fondamentale del lavoro di Nauman è sicuramente l’indagine del suono, il più delle volte ripetitivo e asincrono. Lo possiamo percepire mentre ascoltiamo i suoni e i rumori riprodotti nelle sale, è un ritmo che si ripete continuo, quasi ipnotico, che crea spaesamento. Un ritmo compulsivo che però attrae. Un’opera significativa sotto questo aspetto è: “For Beginners (all the combinations of the thumb and fingers), del 2010.
Si tratta di due videoinstallazioni, non sincronizzate, anche queste monumentali che raffigurano le mani di Nauman mentre mostra le molteplici combinazioni di ogni dito e del pollice. Sembra di assistere ad una specie di esercizio visivo-sonoro che cerca di mettere in ordine parole, gesti e immagini, ma tutto si sovrappone e si confonde. L’impressione è che il linguaggio, la mente e le immagini non riescano a trovare un loro coordinamento.
Lo studio dell’artista
Lo studio dell’artista è l’altro elemento basilare ed è il luogo chiave della creazione, dove egli mette in scena se stesso, il suo corpo, il suo movimento e dove sperimenta i suoi sensi e le sue percezioni. Nel grande video “Contrapposto Split”, del 2017, l’artista riprende di nuovo “Walk with Contrapposto”, del ‘68 e con l’ausilio delle nuove tecnologie ne fa uno spazio immersivo in cui veniamo coinvolti direttamente.
Possiamo osservare gli oggetti che lo circondano mentre procede con la sua camminata in contrapposto. La suddivisione in due parti distinte dello schermo provoca uno sfasamento della percezione. Anche il successivo video “Walking a Line” del 2019, ha lo stesso effetto e pone in evidenza la difficoltà di riuscire ad ottenere un equilibrio sia personale che relazionale.
“Nature morte”
Proprio dedicata allo studio dell’artista è l’opera “Nature Morte”, del 2020. Un’opera complessa, frutto di una completa mappatura in 3D dello studio, formata da tre proiezioni. Sono presenti molti elementi come schizzi, opere, oggetti e attrezzi. Grazie all’uso della tecnologia è possibile, attraverso un iPad, “spostarsi virtualmente” in tutto lo studio, sopra, dentro, sotto, rovesciando addirittura l’immagine.
In questo caso siamo noi che esploriamo lo spazio di lavoro, che, come una natura morta, ci mostra i suoi elementi essenziali. Anche in questo caso il richiamo al “genere artistico natura morta” è come per il “contrapposto”, un modo per mettere il rilievo alcuni elementi base della tradizione pittorica dell’arte occidentale alla quale Nauman si sente legato e che reinterpreta in chiave contemporanea.
La presenza dell’artista
Nell’ultima sala l’installazione video “Walks in Walks out”, del 2015, crea un effetto molto particolare. La proiezione sul muro comprende due serie di inquadrature dove l’artista è intento a camminare in contrapposto ma lo sfondo e le figure sono separate. Soffermandoci ad osservare il movimento abbiamo l’impressione che questo procedere sia bloccato, come se non portasse in nessun luogo. Improvvisamente, compare lo stesso artista che sembra entrare nel video. L’impressione è quella di una doppia presenza, nella sala e nel video, un inganno della percezione con un effetto molto suggestivo.
L’allestimento di tutta la mostra ci proietta in un universo quasi sospeso, fatto di immagini, suoni, rumori di passi e parole. Vi consiglio di prendervi del tempo soffermandovi proprio davanti alle monumentali proiezioni, mettendo così alla prova la vostra percezione e i vostri sensi. Punta della Dogana è una sede espositiva spettacolare e vi renderete conto di quanti scorci suggestivi si possono scoprire nelle varie sale affacciate su Canal Grande. Punta della Dogana è aperta tutti i giorni dalle 10.00 alle 19.00, tranne il martedì.
Usciti da Punta della Dogana non perdetevi una passeggiata lungo il Canal Grande, da dove potrete ammirare un panorama fantastico. Se volete, proprio da qui, si può prendere il gondolino che vi porterà sull’altra sponda, una veloce traversata e sarete in Piazza San Marco. Che ne dite, un’occasione da non perdere per fare qualche foto.
Palazzo Grassi
Visita alla Mostra “Hypervenezia”
Siamo arrivati all’ultima tappa del miglio della cultura, Palazzo Grassi, dove è presente la Mostra “Hypervenezia”. Palazzo Grassi è l’altra sede espositiva della Collezione Pinault a Venezia. Ho lasciato per ultima la visita a questa mostra perché è dedicata interamente a Venezia e penso che sia un bell’ omaggio per celebrare l’anniversario dei 1600 anni dalla sua leggendaria fondazione. Il titolo è significativo, “Hypervenezia” e sembra rappresentare Venezia nella sua essenza, ad un livello quasi concettuale. Attraverso le bellissime fotografie in bianco e nero veniamo trasportati in un mondo visionario ma allo stesso tempo reale.
La mostra, curata da Matthieu Humery, presenta il percorso in tre fasi. La prima raggruppa migliaia di fotografie esposte in linea alle pareti. La seconda è una videoinstallazione sonora con musiche originali del compositore Nicolas Godin. La terza è una vera e propria mappa di Venezia che raggruppa tutte le immagini come in un mosaico.
Tutte le immagini sono parte del “Venice Urban Photo Project”, un progetto pensato e realizzato dal fotografo Mario Peliti. La mappatura della città è stata eseguita scrupolosamente fin dal 2006 producendo un archivio enorme, più di 12.000 scatti, tutti in bianco e nero e si concluderà nel 2030.
Queste immagini, tutte con la stessa luce, senza nessuna ombra e soprattutto senza la presenza dell’essere umano, creano un forte impatto emotivo. Mi sono ritrovata più volte ad osservare i molti particolari ed i dettagli nitidissimi delle architetture, messi a nudo dal fotografo grazie alla sua tecnica di scatto.
Ma quello che colpisce di più in assoluto è il lato “surreale” di tutte le immagini, l’assenza delle persone crea un senso di vuoto che rende le immagini di una bellezza estetica assoluta ma allo stesso tempo comunica una sensazione di angoscia e di solitudine profonde. L’esperienza più bella potete farla nella sala di Proiezione dove le immagini su tre grandi schermi, sono accompagnate dalla musica di Nicolas Godin. Entrati in questa videoinstallazione sonora ci si trova immersi in un universo ipnotico, che ci trasporta in un viaggio immaginario, vagando per una Venezia strana e bellissima: “Hypervenezia”.
Un’opera di Banksy
Mentre ritorniamo alla ferrovia voglio darvi un’ultima indicazione che si trova proprio lungo la strada. Arrivati a Campo Santa Margherita, prima di una sosta per un buon aperitivo di congedo, ci dirigiamo verso la Chiesa di San Pantalon. Fermatevi sul ponte e qui potrete scorgere uno dei più famosi murales di Banksy, apparso quasi improvvisamente durante la Biennale del 2019.
Il dipinto ad olio più grande al mondo
Ora come ultima visita vi consiglio di entrare nella Chiesa di San Pantalon e di osservare il soffitto. Vi troverete proprio sotto ad un’opera sbalorditiva, il più grande dipinto ad olio del mondo, 443 metri quadrati e 40 tele unite fra loro. L’opera “Il martirio di San Pantaleone”, è del veneziano Giovanni Antonio Fumiani, specializzato in scenografie teatrali, che la realizzò a fine Seicento ed è straordinaria.
Il miglio della cultura nel sestiere Dorsoduro a Venezia
Il mio itinerario lungo il miglio della cultura nel sestiere Dorsoduro si è concluso. È stata un’esperienza molto emozionante, ricca di idee e di spunti di riflessione. Si è trattato di un vagare nell’arte attraverso la storia, gli artisti, le opere e le emozioni, un viaggio molto affascinante.
La prima parte del racconto lungo il miglio della cultura a Venezia lo potete trovare qui
Non perdete i video ricordo sul canale Youtube di artevagando dedicati alle due visite:
artevagandoblog youtube nauman-hypervenezi
artevagandoblog youtube guggenheim ve
Se volete approfondire la lettura di un altro articolo che ho dedicato alla Collezione Pinault, questo è il link
Per tutte le informazioni riguardanti gli orari, i biglietti, le prenotazioni e gli eventi specifici vi consiglio di visitare le pagine ufficiali dei musei:
La chiesa di San Pantalon non l’ho mai vista.Grazie del suggerimento. Baci
Anch’io ci sono passata davanti non sai quante volte. La chiesa è una tra le più antiche di Venezia, con facciata ancora incompiuta, più volte risistemata. Dal tardo Seicento assunse questo aspetto. Ma la sorpresa è all’interno! Da non perdere, si trova vicino a Campo Santa Margherita.
Un caro saluto